Impressioni di una giornata speciale dal punto di vista di chi ha avuto il privilegio di poterla vivere in prima persona gettando uno sguardo dall’esterno
“Sapete qual è la differenza tra Forma e Struttura? Ecco: la Forma è l’insieme degli elementi legati da relazioni, la Struttura, invece, è l’insieme degli elementi e di tutte le loro possibili relazioni”.
(…e gli ingegneri ragionano in termini di strutture, verrebbe da pensare…)
Le parole di Gianni Massa, Vice Presidente Vicario del CNI, risuonano limpide e riempiono tutto lo spazio fino a fermarsi alle soglie della porta che, ad uno stesso tempo, divide e mette in comunicazione gli ambienti attigui del Ridotto del Teatro Sociale di Como destinati a fare da sfondo a due appuntamenti di rilevanza nazionale per il mondo dell’ingegneria.
Da questa parte, il susseguirsi ritmato del bianco e del blu che si incrociano nelle finissime decorazioni di richiamo esotico delle ante nonché il giocoso riflettersi dell’enorme lampadario bronzeo nello specchio di foggia moresca fanno della Sala Turca il luogo emblematico dell’evento, il Network Giovani Ingegneri, che è chiamata a ospitare.
Dall’altra, lo splendore degli arredi stile impero, la finezza degli stucchi che adornano la volta, la varietà degli affreschi di ispirazione classica e dei rivestimenti dorati rendono la Sala Bianca la cornice perfetta per lo svolgimento dell’Assemblea dei Presidenti degli Ordini degli Ingegneri.
La sostanziale unicità di spazio, tempo e azione delle due riunioni, fortemente voluta dal Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Como Mauro Volonté è forse la dimostrazione più evidente dell’assoluta necessità di sviluppare una visione sistemica e non più singolare, nel tentativo di far prevalere sul “particulare” di guicciardiana memoria un approccio di respiro universale. Si tratta di una visione che, da Ingegnere Gestionale che ha a che fare ogni giorno con il sempiterno problema dell’ottimizzazione globale dei processi da ricercare nel miglioramento continuo alle interfacce, non posso che sottoscrivere in toto.
Nondimeno, l’apertura del Network Giovani Ingegneri ai non addetti ai lavori, vale a dire ai membri della Commissione Giovani di Como, sostenuta fin dalle fasi preparatorie dalla Presidente Soraya Indelicato e dal Consigliere Marco Cigardi, è perfettamente in linea con lo spirito di inclusività e partecipazione che dovrebbe animare qualsiasi gruppo di lavoro.
Prendere parte al Network Giovani Ingegneri dal punto di vista privilegiato di un osservatore, come è capitato a me e ad altri due amici dell’Ordine, è un’esperienza coinvolgente e ricca di stimoli, già per il fatto di poter incontrare tanti colleghi provenienti da tutta Italia grazie ai quali conoscere non solo le preoccupazioni e le criticità, ma anche le iniziative e i punti di interesse di realtà che possono rivelarsi meno distanti di quanto si creda.
Nel corso della riunione, durante la quale i delegati intervengono l’uno dopo l’altro talvolta dando continuità allo sviluppo di un tema, talora proponendone di nuovi, viene sicuramente delineata una panoramica articolata, varia e composita rispetto allo stato dell’arte dei lavori del Network che, è facile intuire, dovrebbe trarre proprio da questo momento di confronto nuova linfa per acquisire ancor più vigore e slancio.
L’alternanza tra le voci delle nuove leve e quelle dei rappresentanti storici si offre agli occhi, ma soprattutto agli orecchi, di noi osservatori come un’opportunità sicuramente unica per ripercorrere le vicende più significative del Network, che, molto probabilmente, dovrebbe ritrovare nel suo passato le caratteristiche distintive della propria identità senza, tuttavia, restarvi immutabilmente ancorato.
Dalle origini, risalenti a una dozzina di anni fa e condivise da poco più di una ventina di Commissioni, ad oggi, con la copertura pressoché totale in termini di rappresentanza, si ha l’impressione che sia già stata percorsa tanta strada, una strada a tratti faticosa e sfiancante, alle volte persino tortuosa, ma sicuramente ricca di passione e di entusiasmo. Le occasioni di dibattito e di scambio, i numerosi tavoli di confronto, le piccole-grandi conquiste ottenute nel tempo fino a portare al Congresso Nazionale le istanze dei giovani professionisti testimoniano che per avere voce non basta essere chiamati ad esprimersi ma occorra, soprattutto, rivendicare e meritare continuamente di essere ascoltati.
Trovare un punto di incontro per decidere cosa dire e, ancor più importante, cosa fare è condizione necessaria per rendere lo scambio di idee, informazioni, prospettive e, perché no, sogni da semplice terreno comune a campo fertile.
Di fronte a un periodo storico che impone di rendere ragione al sapere con il saper fare, a un mercato del lavoro affamato di competenze più che di nozioni, a una società che, nel bene e nel male, è prodiga di opportunità verso chi più velocemente passa dal pensiero all’azione, rimettere in moto le cosiddette <<Officine>> pare essere un imperativo non più procrastinabile.
Considerando che etimologicamente il termine officina è composto dai vocaboli “opus”, opera, e “facere”, fare, e che oggi sta ad indicare “un impianto con macchine operatrici nel quale si effettuano lavorazioni meccaniche e metallurgiche” [rif. Enciclopedia Treccani], si capisce che ben pochi altri significanti sarebbero ugualmente adatti ad esprimere il significato di operosità che logicamente ne consegue. Il lavoro nelle officine, che quale Ingegnere Industriale operante nel settore metalmeccanico ho imparato ad apprezzare e ad amare, è incessante, instancabile, costante, spesso artigianale, alle volte persino artistico.
Ai membri del Network consiglierei di non lasciarsi assolutamente sfuggire l’occasione di farle ripartire perché per quanto bella, utile e costruttiva possa essere la discussione che anima le riunioni, soltanto i processi e i prodotti delle attività svolte direttamente sul territorio e riprese su più ampia scala in senso bidirezionale, vale a dire dalla dimensione locale a quella nazionale e viceversa, possono scongiurare di incorrere nel rischio di un’eccessiva autoreferenzialità e inconsistenza del dibattito stesso. Il futuro vitale, non la mera sopravvivenza del Network, dovrebbe basarsi sul coinvolgimento attivo della “base”, cioè delle Commissioni Giovani, sull’identificazione di argomenti forti e condivisi, sull’adesione alle sessioni per cui si nutre un sincero interesse, sulla definizione di una tabella di marcia con scadenze da rispettare e incontri periodici da onorare, sull’adozione di un modello organizzativo incentrato sui concetti di team e di leadership, quindi scevro da ogni impostazione gerarchica, ma non per questo meno efficace.
Se è vero che “i nodi non possono lamentarsi della rete perché, in questo modo, non farebbero altro che lamentarsi di se stessi” come afferma un delegato in uno degli ultimi interventi, non resta che armarsi della pazienza dei pescatori e iniziare al più presto con l’opera di rammendo.
Piano piano, scegliendo il filo giusto e imparando a “cucire” solo dall’osservazione reciproca, come fanno coloro che passeggiano sul molo per “rubare” i segreti dell’arte di costruire le reti, sarà possibile realizzare la trama perfetta, né troppo piccola, per evitare di soffocare come avviene se le maglie non lasciano passare niente, né troppo grande, per impedire un progressivo allontanamento come nel caso della maglie che lasciano passare tutto.