2 – Esplorazione delle profondità: l’Apnea secondo Genoni e Zecchini

L’apnea e la legge di Boyle vista da un ingegnere apneista.

Data:
8 Aprile 2019

A proposito di apnea…

Chissà a quanti di voi, proprio come me, durante l’orale dei primi esami di chimica, oppure di fisica ma poco importa, sarà capitata la domanda “…mi parli della legge di Boyle”. Io risposi velocemente e un po’ come tutti dissi: “…per una data massa di gas, se la temperatura è costante, il prodotto del volume occupato per la pressione a cui è sottoposto risulta costante. In pratica PV = cost”. Al di là della correttezza della risposta, ricordo benissimo come quell’enunciato sui gas, semplice e chiaro, a quel tempo, fosse per me solo uno dei tanti da ricordare per riuscire a superare gli appelli e conseguire il tanto desiderato titolo di laurea.

Anni dopo, quando iniziai a praticare le prime immersioni in apnea, ne ho finalmente capito la forza. Sentirla agire sul corpo durante i tuffi mi ha permesso di conoscerne gli effetti, di capire la sua severità ma soprattutto di imparare a temerla. Per chi affronta le profondità di mari e laghi è fondamentale sapere Boyle e proverò a spiegarne il motivo. Sott’acqua accade qualcosa a cui non si è abituati, scendendo anche di pochi metri si avvisa compressione ai timpani e, se si indossa una maschera, un insopportabile schiacciamento ai bulbi oculari. Qualche metro più giù ed i fastidi diventano dolori, tanto da non permettere di andare oltre. Se si conosce la legge sui gas è facile spiegarne il motivo: i volumi pieni di aria vengono schiacciati dalla pressione dell’acqua sovrastante e la conseguente sofferenza è in pratica proporzionale alla quota raggiunta. Semplice? No, per nulla. Non è semplice perché un apneista al primo brevetto arriva tranquillamente a toccare i dieci metri di profondità senza danni, mentre campioni di apnea, come gli esperti intervistati, hanno superato i 130 metri rimanendo illesi, con buona pace della pressione idrostatica maggiore di dieci volte quella atmosferica. Sembra incredibile, ma nulla di sovrannaturale. Le abili manovre per “spingere” naturalmente aria dai polmoni verso orecchie, seni facciali e maschera permettono di riequilibrare il gioco di pressione ed alcuni innati processi di emocompensazione del corpo umano fanno il resto. Per intenderci, tutto ciò è molto complesso ed il meccanismo descritto è solo una semplificazione di quello che accade; come negli altri sport, anche nell’apnea sono necessari anni e anni di allenamento, tanti sacrifici ed una spiccata dote personale. Ovviamente, solo pochissimi atleti possono vantare simili risultati, ma resta il fatto che queste persone, per quanto poche siano, sembrano prendersi gioco della legge di Boyle, dei fisici e degli ingegneri, e beati loro che ci riescono!